Quando
mi è stato richiesto di scrivere un articolo su SOSIA, per questa autorevole Rivista,
sono rimasta molto perplessa al pensiero di dover condensare, nello spazio
ridotto di un articolo, un metodo che si insegna per tre anni di fila ed è
illustrato in decine e decine di pagine.
Tuttavia
ci proverò molto volentieri, scusandomi sin da ora per la stringatezza, a
volte, dei concetti ivi espressi.
Da
molto tempo, nelle scuola di Formazione per Consulenti Familiari (SICOF) di cui faccio parte, abbiamo analizzato e rielaborato il
metodo che si chiama la Ruota della
Coscienza, di Sherod Miller, Elam.W.Nunnally e Daniel B.Wackman, perché esso si dimostra uno strumento molto utile per sintonizzarsi
con l’esperienza che la persona in consulenza sta vivendo ed approfondire la coscienza
di sè e della relazione consulenziale. Tale strumento metodologico offre cinque
tipi diversi di informazioni su se stessi: Sensazioni,
Opinioni, Sentimenti, Intenzioni, Azioni (acronimo S.O.S.I.A.). Visivamente possiamo rappresentarlo come un fiore a
cinque petali o più semplicemente come una mano con le sue cinque dita.
Nel palmo della mano c’è la situazione che
stiamo vivendo, il contenuto della nostra attenzione. In genere la persona che
chiede aiuto mette spesso insieme diverse situazioni critiche, creando una
palude nella quale si confonde e non sa più districarsi. Il Consulente Familiare
che deve aiutare la persona a focalizzare l’attenzione su una situazione per
volta, rimanendo nel tempo presente, utilizzerà le dita della mano per prendere
coscienza di quali strumenti usiamo per l’ascolto o l’apprendimento della
realtà.
L’addestramento
all’uso di SOSIA favorisce l’acquisizione delle capacità di: parlare per se
stessi, esprimere verbalmente le sensazioni, esprimere verbalmente le opinioni,
esprimere verbalmente i sentimenti, dichiarare le intenzioni, esprimere
verbalmente le azioni, cioè a verbalizzare contemporaneamente più dimensioni
personali, a beneficio della chiarezza della comunicazione.
Quando
ascoltiamo, entriamo in contatto con un’esperienza, con una situazione che
mettiamo al centro del palmo della mano. Questa esperienza, o situazione, è
ricca di informazioni e di percezioni, captate subito con la emozionalità, e il
tutto viene mediato dai sensi (vista, tatto, olfatto, gusto, udito), nel qui ed
ora. E’ il primo dito, quello delle SENSAZIONI.
Ma si può essere indotti a
confondere la sensazione, il bagaglio emozionale percettivo, con i sentimenti o
con le opinioni. Le buone domande del CF aiuteranno il discernimento nella
persona che chiede aiuto. I sensi, il sentire nel corpo, riportano al qui ed
ora, mediante una descrizione sensoriale del fatto, a volte della pancia ( cosa
senti nella tua pancia?). Il modo invece in cui interpretiamo (cosa pensi?) ciò
che vediamo o sentiamo o percepiamo, dipende da noi, e i dati sensoriali
vengono filtrati dal pensiero e trasformati, con omissioni o aggiunte. Nel
secondo dito inseriamo allora le OPINIONI,
cioè i pensieri, le interpretazioni, le valutazioni e riflessioni che possono
anche far deviare da ciò che abbiamo esperito attraverso i sensi. Le
spiegazioni della realtà spesso vengono confuse con la realtà stessa e le opinioni
ci possono portare fuori strada, soprattutto se sono pensieri irrazionali o
ricchi di aspettative. I pensieri che formuliamo generano in noi i sentimenti,
mentre la situazione che viviamo non ha questo potere, ma solo quello di
generare in noi un mondo di sensazioni corporee.
Per
esempio, di fronte al notevole ritardo di una persona, posso agitarmi, se penso
che è irrispettosa, e ciò alimenterà la rabbia che gli verserò addosso quando
arriva, mentre se penso che gli può essere successo qualcosa, proverò
preoccupazione o paura… e gioia al suo arrivo. I sentimenti (quali sono i tuoi
sentimenti a seguito di questo pensiero e delle sensazioni provate?) sono il
prodotto della personale valutazione sulla situazione così percepita, anche a
livello emozionale. I SENTIMENTI,
nel terzo dito, non possono essere controllati ignorandoli, né aboliti
negandoli ma possono cambiare quando riprendiamo in considerazione i dati
sensoriali e i pensieri che li sostengono. I sentimenti non verbalizzati ma
razionalizzati, per giustificarsi e difendersi dal contatto intimo, creano
confusione.
Le
INTENZIONI, nel quarto dito,
racchiudono i bisogni, i desideri, le motivazioni che corrispondono alla nostra
volontà adulta (non alle voglie della pancia!!) e comportano l’attitudine a
dirigersi o ad allontanarsi da qualche cosa. Possono essere a lunga o breve
scadenza (voglio 5 minuti per me sola, ora ), possono essere grandi mete
(voglio la sicurezza economica) o piccoli obiettivi (voglio andare in piscina
per tre mesi); possono essere piacevoli o spiacevoli e difficili da
identificare. Possono essere associate e in conflitto (una parte di me vuole
stare da sola e l’altra parte di me vuole stare con te). E variano d’intensità.
Non confondiamo la molla al fare con quello che effettivamente facciamo. Non
vanno confuse quindi con una serie di azioni programmate, codificate e
strutturate, cioè di azioni volte a soddisfare l’intenzione. Le intenzioni
aiutano a individuare le azioni possibili, che cosa volete o non volete fare.
Portare a galla le intenzioni è importante per prendersene cura (se accetto
l’invito di una persona e al contempo desidero essere da un’altra parte,
mostrerò incongruenza). Le intenzioni sono come dei cartelli stradali
indicatori: mostrano la direzione e non sono loro a percorrere la strada,
insegnano a procedere con lo sguardo puntato sull’obiettivo e con i piedi ben
saldi nel qui e adesso.
Il
CF sa che l’obiettivo, per essere motivante,
deve essere concreto (azione
descrivibile), misurabile, per
sapere quando è raggiunto, formulato al
positivo, perchè al negativo indicherebbe ciò che va evitato, ambizioso, nel senso che lo scopo
rappresenta qualcosa per cui valga la pena impegnarsi e il cui raggiungimento
rende orgogliosi, realistico, con la
possibilità di soddisfarlo, messo per
iscritto, perché scrivere ciò che si vuole raggiungere aiuta una
formulazione più precisa e non ce se ne dimentica. E’ importante che la persona
inizi a muoversi verso l’obiettivo entro le 48 ore, perché aumenta le sue
energie e tenga duro per 28 giorni.
E’ il tempo in cui si riduce la volontà e s’ innesta l’automatismo. Può tirare
le somme e sperimentare la gioia del successo, ricompensa intrinseca, e
dedicarsi a un altro obiettivo. E’ in quest’ area che si può stipulare il contratto di consulenza, un buon elenco
di obiettivi gratificanti (da 4 al
massimo 10 obiettivi), che comprendono obiettivi concreti e obiettivi
relativi al comportamento. Per i primi
si fissa cosa la persona vuole raggiungere ed entro quando. Per i secondi si definisce cosa la persona
voglia fare, imparare, osservare. Gli obiettivi sono di fatto le Intenzioni che spesso hanno poca
energia e mascherano un obiettivo secondario. Quando la persona manifesta una
intenzione si chieda anche: che cosa voglio ottenere, in fondo, con questo
obiettivo? Facilmente la persona che non guida se stessa, si lascia guidare da desideri e sogni, fonti sicure di delusioni
(prima gli altri devono … e allora io farò). Le AZIONI, ultimo dito, comprende
quello che ognuno sta facendo adesso, quello che ha fatto o stava facendo poco
fa e quello che farà tra poco. Ho passato il fine settimana a lavare e stirare
( azione trascorsa). Sto leggendo (azione presente). Domani andrò a cena fuori
(azione futura). Le azioni future sono spesso confuse con le intenzioni.
L’azione esprime ciò che si vuole fare, l’impegno definitivo ad agire, anche
per piccoli passi, per realizzare l’intenzione.
Applicazione
metodologica.
Nella
fase dell’accoglienza e dell’ascolto della persona in consulenza, usando questo
metodo, siamo in grado di osservare in azione le varie fasi di SOSIA nelle situazioni che la persona ci
descrive. Alcuni vivono le proprie situazioni solo nel mondo delle sensazioni e
passano direttamente alle azioni, senza alcuna consapevolezza dei propri pensieri,
sentimenti, intenzioni; altri confondono l’area dell’emotività e delle
sensazioni con i sentimenti e scelgono, ad esempio, un compagno in base a
questi dati; altre ancora formulano una ricchezza di pensieri irrazionali e non
contattano l’area delle intenzioni con conseguenti azioni incongrue, e così
via. Una mano in cui alcune dita sono compromesse nella loro articolazione va a
scapito di un’efficace manualità! Il C.F., dopo aver confrontato la persona su
ciò che le accade, insieme a lei può iniziare a ri-educare le aree compromesse affinché
si sviluppino meglio. L’esperienza quotidiana ci mostra che i sensi servono per
entrare in relazione con se stessi e con gli altri, non esistono esperienze
senza i sensi, che sono un aspetto fondamentale della vita, perchè l’uomo è relazione. Sono il punto di partenza, il canale che ci
riporta al qui ed ora. Se i canali
della percezione funzionano bene, la persona sarà in grado di cogliere la
bellezza delle cose e il gusto della vita, diversamente, se sono ostruiti o
distorti non sarà in grado di godere di tutto ciò. Non occuparsi della revisione dei propri sensi, vuol dire rischiare di vivere fuori
dalla realtà, vuol dire vivere male. Il qui ed ora, l’uso dei sensi, l’uso del
nostro corpo, con le sensazioni percettive, sono, è vero, il punto di partenza, ma è anche vero che
attraverso i sensi noi non esperiamo
la situazione, e l’altro nella situazione, in
modo oggettivo.
Il nostro percorso con SOSIA inizia, quindi, con la presa di coscienza dei nostri sensi,
di come funzionano per poi lavorare ri-educando
le nostre percezioni, per vivere la vita a piene mani. Spesso le persone sono
schiave delle proprie sensazioni; c’è una ricerca spasmodica di sensazioni
sempre nuove, di sensazioni forti, per sentirsi vivi, esistenti. La nostra
memoria e i nostri ricordi vengono selezionati proprio attraverso i sensi.
Riusciamo ad andare dritti al centro delle cose percependo il meglio di ogni
situazione? La funzione più profonda dei sensi è proprio quella di arrivare al
cuore delle cose. Rieducare le nostre percezioni sensoriali significa
in qualche modo cambiare la nostra vita. Bisogna iniziare questo cammino di
ri-educazione dei sensi proprio mettendoli in crisi. L’infelicità, una crisi, uno stato d’incompiutezza dipendono
spesso dalle nostre percezioni distorte. Occorre seminare un ragionevole dubbio
sui nostri sensi, mettere una tara su quello che percepiamo, vediamo e
sentiamo, anche per dare uno stop ai pre-giudizi sugli altri e avvicinarci
all’umiltà. Smettere, ad esempio, di giudicare attraverso le sensazioni sarà
possibile quando avremo compreso che i nostri
sensi non sono assoluti. Gli esercizi, che proponiamo in consulenza, ampliano la percezione di sé, della
persona con i propri pensieri/sentimenti/sensazioni/intenzioni/comportamenti,
ampliano la percezione della realtà che
circonda (persone/cose/ambiente) e la persona inizia a guidare se stessa, va oltre il pensiero cognitivo per acquisire maggior intuito e avere un rapporto
più attento con le persone e le cose. Si supera il pensiero egocentrico per
più ampi spazi di consapevolezza. Con SOSIA insegniamo alle persone l’arte
dell’auto-osservazione e del dialogo con se stesse, con i propri problemi
perché sono responsabili del rapporto che hanno, nel qui ed ora, con i propri Pensieri/
Sentimenti/ Comportamenti. Si celebra una comunicazione di contenuto e di
relazione che passa dall’entrare nel ‘deserto’ (così chiamiamo anche un esercizio
di meditazione in solitudine), luogo necessario per mettere ordine nel caos,
per imparare a restare con se stessi nel presente, imparare ad avere misura e a
fare silenzio, per accedere alla libertà interiore, condizione fondamentale per
la tranquillità e la maturazione.
Potremmo
definire SOSIA un percorso di spiritualità
che viene dal basso, di conoscenza di sé, onesta e umile, osservando e interpellando le varie sensazioni, pensieri, sentimenti, passioni,
desideri ... per sapere COSA quel sentimento, sensazione, pensiero mi vuole
dire e indicare della mia realtà. QUAL è il mio rapporto con quel Pensiero,
Sentimento, Comportamento rispetto alla specifica situazione che vivo? Quale
sarebbe l'esito finale? Il C.F. aiuta la persona a raffigurarseli fino al loro
esito finale e scoprire dove vogliono effettivamente portare. Quando si
indeboliscono, insorgono, scompaiono? Con quale regolarità si presentano? Quando
uno prende il posto di un altro? Come si comporta la persona con gli istinti?
Si fa dominare da essi? Qual è il suo rapporto con i pensieri negativi che
affiorano in lui? Cosa può fare perché non lo dominino? Quali sono le richieste
esagerate che ha fatto a se stesso e quando ha oltrepassato la misura? Da quale
immagine di sè è utile che si distacchi? Quali atteggiamenti interiori è bene che
abbandoni? (desiderio di essere amato da tutti, perfezionismo, necessità di
soddisfare attese…) Con queste buone domande nelle varie aree di SOSIA,
insegniamo al consultante a parlare con essi, a osservarli, perché è responsabile del rapporto che ha con loro ed è
opportuno congedarli con la giusta distanza. Con SOSIA è possibile insegnare atti di riconciliazione
quando addestriamo a chiarire i Sentimenti e la loro espressione senza
aggredire l’altro e senza giustificazioni, laddove nel sistema coppia c’era la
lotta per il potere e la violenza, esplicita o manipolatoria o passiva, unico
modo per farsi sentire e dimostrare il proprio valore. Sempre con SOSIA, il C.F.
insegna anche che si è responsabili delle parole usate per il clima che
creano intorno, compresi i pensieri. Il Pensiero ha infatti conseguenze su come
parliamo e agiamo. Allora la Riconciliazione
inizia lavorando nell’area del Pensiero perché le persone smettano di vedere la
realtà unicamente attraverso gli occhiali delle loro Sensazioni/Percezioni e
quindi possano interrompere le ovvie proiezioni. Con questa metodologia
contrattuale ri-educativa in qualche modo si accompagna il consultante a
riconciliarsi con le proprie ombre, con
il problema, integrandolo nell’esistenza, a cogliere la forza dell’insegnamento del limite e attraverso il
problema attivare la propria volontà:
almeno per oggi, decido per la VITA. Lo si accompagna, sia nel setting
individuale, di coppia o di gruppo, nelle quattro fasi della consulenza: generativa
della persona nuova, di nutrimento della stessa, educativa e quindi emancipativa.
Un esercizio: la
Meditazione del cuore!
L’ostacolo,
nell’ascolto, è dato dai pensieri. L’ascolto tutt’orecchi esclude invece la
mente e collega le orecchie direttamente
al cuore.
Siediti in modo
comodo e rilassato, a occhi chiusi. Concentra l’attenzione sul centro del
torace, dove ha sede il cuore e immagina che lì ci sia una pallina.
Attribuiscile un colore. Mentre inspiri, immagina che la pallina si faccia
piano piano più grande, come un palloncino che si riempie d’aria. In sintonia
con il ritmo del respiro, lascia che la pallina diventi a poco a poco una sfera
così grande che fuoriesce dal petto. Lascia che si espanda lentamente oltre i
confini del tuo corpo. Muovi le mani come a voler toccare la sfera quando
comincia a gonfiarsi fuori dal petto e dal corpo. Immagina poi che tutto il
corpo ne sia inglobato, tanto che alla fine le mani la toccheranno
dall’interno. Falla crescere ancora, più grande della stanza, più grande del
quartiere dove vivi, più grande del mondo intero. Senti che il tuo cuore riesce
a includere tutto e tutti. Poi, lascia che la sfera si rimpicciolisca fino a
ritornare nel petto. Di nuovo, segui il ritmo del respiro e immagina che
l’espirazione la faccia gradualmente sgonfiare. Concentra l’attenzione sul
punto centrale di questa sfera: che sia grande o piccola, il suo centro rimane
inalterato. Rimani in contatto con questo centro e poi, con calma, riapri gli
occhi. Gusta questo momento con tutti i tuoi sensi. Fai contatto con ciò che
pensi e con il sentimento che generi grazie al tuo pensare.
di Elisabetta Baldo.
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