il metodo S.O.S.I.A.

(Pubblicato su Il Consulente familiare n. 4 del 2014)

Quando mi è stato richiesto di scrivere un articolo su SOSIA, per questa autorevole Rivista, sono rimasta molto perplessa al pensiero di dover condensare, nello spazio ridotto di un articolo, un metodo che si insegna per tre anni di fila ed è illustrato in decine e decine di pagine.
Tuttavia ci proverò molto volentieri, scusandomi sin da ora per la stringatezza, a volte, dei concetti ivi espressi.
Da molto tempo, nelle scuola di Formazione per Consulenti Familiari (SICOF) di cui faccio parte, abbiamo analizzato e rielaborato il metodo che si chiama la Ruota della Coscienza, di Sherod Miller, Elam.W.Nunnally e Daniel B.Wackman, perché esso si dimostra  uno strumento molto utile per sintonizzarsi con l’esperienza che la persona in consulenza sta vivendo ed approfondire la coscienza di sè e della relazione consulenziale. Tale strumento metodologico offre cinque tipi diversi di informazioni su se stessi: Sensazioni, Opinioni, Sentimenti, Intenzioni, Azioni (acronimo S.O.S.I.A.). Visivamente possiamo rappresentarlo come un fiore a cinque petali o più semplicemente come una mano con le sue cinque dita.
 Nel palmo della mano c’è la situazione che stiamo vivendo, il contenuto della nostra attenzione. In genere la persona che chiede aiuto mette spesso insieme diverse situazioni critiche, creando una palude nella quale si confonde e non sa più districarsi. Il Consulente Familiare che deve aiutare la persona a focalizzare l’attenzione su una situazione per volta, rimanendo nel tempo presente, utilizzerà le dita della mano per prendere coscienza di quali strumenti usiamo per l’ascolto o l’apprendimento della realtà.
L’addestramento all’uso di SOSIA favorisce l’acquisizione delle capacità di: parlare per se stessi, esprimere verbalmente le sensazioni, esprimere verbalmente le opinioni, esprimere verbalmente i sentimenti, dichiarare le intenzioni, esprimere verbalmente le azioni, cioè a verbalizzare contemporaneamente più dimensioni personali, a beneficio della chiarezza della comunicazione.
Quando ascoltiamo, entriamo in contatto con un’esperienza, con una situazione che mettiamo al centro del palmo della mano. Questa esperienza, o situazione, è ricca di informazioni e di percezioni, captate subito con la emozionalità, e il tutto viene mediato dai sensi (vista, tatto, olfatto, gusto, udito), nel qui ed ora. E’ il primo dito, quello delle SENSAZIONI.  Ma si può essere indotti a confondere la sensazione, il bagaglio emozionale percettivo, con i sentimenti o con le opinioni. Le buone domande del CF aiuteranno il discernimento nella persona che chiede aiuto. I sensi, il sentire nel corpo, riportano al qui ed ora, mediante una descrizione sensoriale del fatto, a volte della pancia ( cosa senti nella tua pancia?). Il modo invece in cui interpretiamo (cosa pensi?) ciò che vediamo o sentiamo o percepiamo, dipende da noi, e i dati sensoriali vengono filtrati dal pensiero e trasformati, con omissioni o aggiunte. Nel secondo dito inseriamo allora le OPINIONI, cioè i pensieri, le interpretazioni, le valutazioni e riflessioni che possono anche far deviare da ciò che abbiamo esperito attraverso i sensi. Le spiegazioni della realtà spesso vengono confuse con la realtà stessa e le opinioni ci possono portare fuori strada, soprattutto se sono pensieri irrazionali o ricchi di aspettative. I pensieri che formuliamo generano in noi i sentimenti, mentre la situazione che viviamo non ha questo potere, ma solo quello di generare in noi un mondo di sensazioni corporee.
Per esempio, di fronte al notevole ritardo di una persona, posso agitarmi, se penso che è irrispettosa, e ciò alimenterà la rabbia che gli verserò addosso quando arriva, mentre se penso che gli può essere successo qualcosa, proverò preoccupazione o paura… e gioia al suo arrivo. I sentimenti (quali sono i tuoi sentimenti a seguito di questo pensiero e delle sensazioni provate?) sono il prodotto della personale valutazione sulla situazione così percepita, anche a livello emozionale. I SENTIMENTI, nel terzo dito, non possono essere controllati ignorandoli, né aboliti negandoli ma possono cambiare quando riprendiamo in considerazione i dati sensoriali e i pensieri che li sostengono. I sentimenti non verbalizzati ma razionalizzati, per giustificarsi e difendersi dal contatto intimo, creano confusione.
Le INTENZIONI, nel quarto dito, racchiudono i bisogni, i desideri, le motivazioni che corrispondono alla nostra volontà adulta (non alle voglie della pancia!!) e comportano l’attitudine a dirigersi o ad allontanarsi da qualche cosa. Possono essere a lunga o breve scadenza (voglio 5 minuti per me sola, ora ), possono essere grandi mete (voglio la sicurezza economica) o piccoli obiettivi (voglio andare in piscina per tre mesi); possono essere piacevoli o spiacevoli e difficili da identificare. Possono essere associate e in conflitto (una parte di me vuole stare da sola e l’altra parte di me vuole stare con te). E variano d’intensità. Non confondiamo la molla al fare con quello che effettivamente facciamo. Non vanno confuse quindi con una serie di azioni programmate, codificate e strutturate, cioè di azioni volte a soddisfare l’intenzione. Le intenzioni aiutano a individuare le azioni possibili, che cosa volete o non volete fare. Portare a galla le intenzioni è importante per prendersene cura (se accetto l’invito di una persona e al contempo desidero essere da un’altra parte, mostrerò incongruenza). Le intenzioni sono come dei cartelli stradali indicatori: mostrano la direzione e non sono loro a percorrere la strada, insegnano a procedere con lo sguardo puntato sull’obiettivo e con i piedi ben saldi nel qui e adesso.

Il CF sa che l’obiettivo, per essere motivante, deve essere concreto (azione descrivibile), misurabile, per sapere quando è raggiunto, formulato al positivo, perchè al negativo indicherebbe ciò che va evitato, ambizioso, nel senso che lo scopo rappresenta qualcosa per cui valga la pena impegnarsi e il cui raggiungimento rende orgogliosi, realistico, con la possibilità di soddisfarlo, messo per iscritto, perché scrivere ciò che si vuole raggiungere aiuta una formulazione più precisa e non ce se ne dimentica. E’ importante che la persona inizi a muoversi verso l’obiettivo entro le 48 ore, perché aumenta le sue energie e tenga duro per 28 giorni. E’ il tempo in cui si riduce la volontà e s’ innesta l’automatismo. Può tirare le somme e sperimentare la gioia del successo, ricompensa intrinseca, e dedicarsi a un altro obiettivo. E’ in quest’ area che si può stipulare il contratto di consulenza, un buon elenco di obiettivi gratificanti (da 4 al massimo 10 obiettivi), che comprendono obiettivi concreti e obiettivi relativi al comportamento. Per i primi si fissa cosa la persona vuole raggiungere ed entro quando. Per i secondi si definisce cosa la persona voglia fare, imparare, osservare. Gli obiettivi sono di fatto le Intenzioni che spesso hanno poca energia e mascherano un obiettivo secondario. Quando la persona manifesta una intenzione si chieda anche: che cosa voglio ottenere, in fondo, con questo obiettivo? Facilmente la persona che non guida se stessa, si lascia guidare da desideri e sogni, fonti sicure di delusioni (prima gli altri devono … e allora io farò). Le AZIONI, ultimo dito, comprende quello che ognuno sta facendo adesso, quello che ha fatto o stava facendo poco fa e quello che farà tra poco. Ho passato il fine settimana a lavare e stirare ( azione trascorsa). Sto leggendo (azione presente). Domani andrò a cena fuori (azione futura). Le azioni future sono spesso confuse con le intenzioni. L’azione esprime ciò che si vuole fare, l’impegno definitivo ad agire, anche per piccoli passi, per realizzare l’intenzione.
Applicazione metodologica.
Nella fase dell’accoglienza e dell’ascolto della persona in consulenza, usando questo metodo, siamo in grado di osservare in azione le varie fasi di  SOSIA nelle situazioni che la persona ci descrive. Alcuni vivono le proprie situazioni solo nel mondo delle sensazioni e passano direttamente alle azioni, senza alcuna consapevolezza dei propri pensieri, sentimenti, intenzioni; altri confondono l’area dell’emotività e delle sensazioni con i sentimenti e scelgono, ad esempio, un compagno in base a questi dati; altre ancora formulano una ricchezza di pensieri irrazionali e non contattano l’area delle intenzioni con conseguenti azioni incongrue, e così via. Una mano in cui alcune dita sono compromesse nella loro articolazione va a scapito di un’efficace manualità! Il C.F., dopo aver confrontato la persona su ciò che le accade, insieme a lei può iniziare a ri-educare le aree compromesse affinché si sviluppino meglio. L’esperienza quotidiana ci mostra che i sensi servono per entrare in relazione con se stessi e con gli altri, non esistono esperienze senza i sensi, che sono un aspetto fondamentale della vita, perchè l’uomo è relazione.  Sono il punto di partenza, il canale che ci riporta al qui ed ora. Se i canali della percezione funzionano bene, la persona sarà in grado di cogliere la bellezza delle cose e il gusto della vita, diversamente, se sono ostruiti o distorti non sarà in grado di godere di tutto ciò. Non occuparsi della revisione dei propri  sensi, vuol dire rischiare di vivere fuori dalla realtà, vuol dire vivere male. Il qui ed ora, l’uso dei sensi, l’uso del nostro corpo, con le sensazioni percettive, sono, è vero, il punto di partenza, ma è anche vero che attraverso i sensi noi non esperiamo la situazione, e l’altro nella situazione, in modo oggettivo.
 Il nostro percorso con SOSIA inizia, quindi, con la presa di coscienza dei nostri sensi, di come funzionano per poi lavorare ri-educando le nostre percezioni, per vivere la vita a piene mani. Spesso le persone sono schiave delle proprie sensazioni; c’è una ricerca spasmodica di sensazioni sempre nuove, di sensazioni forti, per sentirsi vivi, esistenti. La nostra memoria e i nostri ricordi vengono selezionati proprio attraverso i sensi. Riusciamo ad andare dritti al centro delle cose percependo il meglio di ogni situazione? La funzione più profonda dei sensi è proprio quella di arrivare al cuore delle cose. Rieducare le nostre percezioni sensoriali significa in qualche modo cambiare la nostra vita. Bisogna iniziare questo cammino di ri-educazione dei sensi proprio mettendoli in crisi. L’infelicità, una  crisi, uno stato d’incompiutezza dipendono spesso dalle nostre percezioni distorte. Occorre seminare un ragionevole dubbio sui nostri sensi, mettere una tara su quello che percepiamo, vediamo e sentiamo, anche per dare uno stop ai pre-giudizi sugli altri e avvicinarci all’umiltà. Smettere, ad esempio, di giudicare attraverso le sensazioni sarà possibile quando avremo compreso che i nostri sensi non sono assoluti. Gli esercizi, che proponiamo in consulenza, ampliano la percezione di sé, della persona con i propri pensieri/sentimenti/sensazioni/intenzioni/comportamenti, ampliano la percezione della realtà che circonda (persone/cose/ambiente) e la persona inizia a guidare se stessa, va oltre il pensiero cognitivo per acquisire maggior intuito e avere un rapporto più attento con le persone e le cose. Si supera il pensiero egocentrico per più ampi spazi di consapevolezza. Con SOSIA insegniamo alle persone l’arte dell’auto-osservazione e del dialogo con se stesse, con i propri problemi perché sono responsabili del rapporto che hanno, nel qui ed ora, con i propri Pensieri/ Sentimenti/ Comportamenti. Si celebra una comunicazione di contenuto e di relazione che passa dall’entrare nel ‘deserto’ (così chiamiamo anche un esercizio di meditazione in solitudine), luogo necessario per mettere ordine nel caos, per imparare a restare con se stessi nel presente, imparare ad avere misura e a fare silenzio, per accedere alla libertà interiore, condizione fondamentale per la tranquillità e la maturazione.
Potremmo definire SOSIA un percorso di spiritualità che viene dal basso, di conoscenza di sé, onesta e umile, osservando e interpellando le varie sensazioni, pensieri, sentimenti, passioni, desideri ... per sapere COSA quel sentimento, sensazione, pensiero mi vuole dire e indicare della mia realtà. QUAL è il mio rapporto con quel Pensiero, Sentimento, Comportamento rispetto alla specifica situazione che vivo? Quale sarebbe l'esito finale? Il C.F. aiuta la persona a raffigurarseli fino al loro esito finale e scoprire dove vogliono effettivamente portare. Quando si indeboliscono, insorgono, scompaiono? Con quale regolarità si presentano? Quando uno prende il posto di un altro? Come si comporta la persona con gli istinti? Si fa dominare da essi? Qual è il suo rapporto con i pensieri negativi che affiorano in lui? Cosa può fare perché non lo dominino? Quali sono le richieste esagerate che ha fatto a se stesso e quando ha oltrepassato la misura? Da quale immagine di sè è utile che si distacchi? Quali atteggiamenti interiori è bene che abbandoni? (desiderio di essere amato da tutti, perfezionismo, necessità di soddisfare attese…) Con queste buone domande nelle varie aree di SOSIA, insegniamo al consultante a parlare con essi, a osservarli, perché è responsabile del rapporto che ha con loro ed è opportuno congedarli con la giusta distanza. Con SOSIA è possibile insegnare atti di riconciliazione quando addestriamo a chiarire i Sentimenti e la loro espressione senza aggredire l’altro e senza giustificazioni, laddove nel sistema coppia c’era la lotta per il potere e la violenza, esplicita o manipolatoria o passiva, unico modo per farsi sentire e dimostrare il proprio valore. Sempre con SOSIA, il C.F. insegna anche che si è responsabili delle parole usate per il clima che creano intorno, compresi i pensieri. Il Pensiero ha infatti conseguenze su come parliamo e agiamo. Allora la Riconciliazione inizia lavorando nell’area del Pensiero perché le persone smettano di vedere la realtà unicamente attraverso gli occhiali delle loro Sensazioni/Percezioni e quindi possano interrompere le ovvie proiezioni. Con questa metodologia contrattuale ri-educativa in qualche modo si accompagna il consultante a riconciliarsi con le proprie ombre, con il problema, integrandolo nell’esistenza, a cogliere la forza dell’insegnamento del limite e attraverso il problema attivare la propria volontà: almeno per oggi, decido per la VITA. Lo si accompagna, sia nel setting individuale, di coppia o di gruppo, nelle quattro fasi della consulenza:  generativa della persona nuova, di nutrimento della stessa, educativa e quindi emancipativa.
Un esercizio: la Meditazione del cuore!
L’ostacolo, nell’ascolto, è dato dai pensieri. L’ascolto tutt’orecchi esclude invece la mente  e collega le orecchie direttamente al cuore.
Siediti in modo comodo e rilassato, a occhi chiusi. Concentra l’attenzione sul centro del torace, dove ha sede il cuore e immagina che lì ci sia una pallina. Attribuiscile un colore. Mentre inspiri, immagina che la pallina si faccia piano piano più grande, come un palloncino che si riempie d’aria. In sintonia con il ritmo del respiro, lascia che la pallina diventi a poco a poco una sfera così grande che fuoriesce dal petto. Lascia che si espanda lentamente oltre i confini del tuo corpo. Muovi le mani come a voler toccare la sfera quando comincia a gonfiarsi fuori dal petto e dal corpo. Immagina poi che tutto il corpo ne sia inglobato, tanto che alla fine le mani la toccheranno dall’interno. Falla crescere ancora, più grande della stanza, più grande del quartiere dove vivi, più grande del mondo intero. Senti che il tuo cuore riesce a includere tutto e tutti. Poi, lascia che la sfera si rimpicciolisca fino a ritornare nel petto. Di nuovo, segui il ritmo del respiro e immagina che l’espirazione la faccia gradualmente sgonfiare. Concentra l’attenzione sul punto centrale di questa sfera: che sia grande o piccola, il suo centro rimane inalterato. Rimani in contatto con questo centro e poi, con calma, riapri gli occhi. Gusta questo momento con tutti i tuoi sensi. Fai contatto con ciò che pensi e con il sentimento che generi grazie al tuo pensare.
di Elisabetta Baldo.

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