BRUNETTO SALVARANI

 


Brunetto Salvarani, teologo, scrittore e formatore, ha 62 anno e vive a Carpi (Modena) Viene unanimemente considerato il Teologo del dialogo.


«Costruire ponti non è buonismo ma la vera sfida dei nostri tempi fragili»:

«Oggi va di moda bollare come buonista chi lavora nel dialogo. Non è cattiveria. È mancanza di strumenti per capire. Ed è su questo che dobbiamo lavorare». Costruire ponti tra le persone e le comunità è scelta non solo del cuore; richiede riflessione. Ne è assolutamente convinto Brunetto Salvarani, teologo laico, che di questa sfida in Italia è uno dei protagonisti.

Uno sguardo, quello di Brunetto, che è diventato una vocazione: studiare da laico in una Facoltà teologica, coltivando appunto l’ attenzione al dialogo.

Dialogo con le persone, ma anche in alcuni luoghi. «Il campo di concentramento di Fossoli si trova ad appena tre chilometri da dove vivo io», annota Brunetto. E la sua storia non è solo quella di Primo Levi che da lì partì per Auschwitz; Fossoli fu anche la prima sede di Nomadelfia con don Zeno e poi il Villaggio San Marco, con i profughi istriano-dalmati. Per questo nel 1996, da assessore alla Cultura a Carpi, ho promosso l’ istituzione della Fondazione Fossoli. Un modo per salvaguardare la dimensione della memoria ma anche il suo potenziale di intercultura».

Nei mille rivoli del dialogo, “intercultura” per Salvarani è un’ altra parola chiave: per anni ha collaborato con il Cem, il Centro di educazione alla mondialità di cui era l’ anima a Parma il missionario saveriano padre Domenico Milani: «All’ inizio degli anni Novanta – con alcune maestre, che raccoglievano la sfida posta dai figli degli immigrati – abbiamo dato vita alla prima strategia per assumere l’ apertura alla diversità come paradigma dell’ educazione. Una decina d’ anni fa pensavamo che questo stile in Italia fosse diventato la norma. Invece oggi stiamo tornando indietro: si parla quotidianamente di immigrazione, ma è sparita l’ idea di integrazione».

E infatti “dialogo” oggi è una parola guardata sempre più con sospetto. «Occorre rispettare anche chi vive con difficoltà la presenza dei migranti», avverte Salvarani, «accettare di riflettere insieme, discutere, ragionare. La sento oggi come una vocazione importante, anche se controcorrente».

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